
Sono passati oramai sei mesi da quando un pugno di studenti e cittadini palermitani dell’ormai sciolto “Comitato Cittadino Antimafia 19 Luglio 2009” alzarono per la prima volta al cielo in Italia , alle celebrazioni del 17° anniversario della strage di Capaci, dei cartoncini rossi con la scritta “dov’è finita l’agenda rossa di Paolo Borsellino?” insieme a un semplice striscione con scritto: “via D’Amelio Strage di Stato”.
Quei ragazzi e quelle ragazze a fianco di Salvatore e della sua redazione furono da supporto per l’organizzazione di un 17° anniversario della strage di via D’Amelio che doveva essere diverso, diverso perché doveva rompere con le solite cerimonie ed essere momento di discontinuità che puntualizzasse i lati oscuri e le ombre che ancora oggi gravano su quella strage.
Molte sono infatti le contraddizioni tra cui:
1)il tipo di esplosivo usato ad esempio, un tipo di tritolo denominato Sentex, a uso esclusivo militare, con cui sembra che nessuna strage di mafia sia mai stata eseguita e che coincide curiosamente con lo stesso tipo di esplosivo usato nella strage 904 (strage di Natale) del 1984 e con lo stesso tipo di esplosivo trovato proprio in quegli anni in una villa di Licio Gelli il venerabile maestro della loggia massonica P2.
2)Le testimonianze di Gioacchino Genchi che individua nel luogo probabile dove venne premuto il telecomando il Castello Utveggio, costruzione sinistra che domina Palermo da Monte Pellegrino, e dove in base ai suoi studi sui tabulati telefonici accertò la presenza di una sede dei servizi segreti poi scomparsa nel nulla.
3)La sparizione dell’Agenda Rossa dal luogo della strage e il misterioso allontanamento pochi minuti dopo del capitano Arcangioli con la borsa del giudice Paolo Borsellino in mano e fotografato mentre si allontana.
4)Le sentenze dei giudici emesse in passato che individuano nei mandanti occulti entità esterne a Cosa Nostra.
Di qui la necessità, sei mesi fa, in vista anche della riapertura delle indagini sulle stragi del ‘92/’93, di percorrere in “pellegrinaggio” a fianco Salvatore Borsellino – fratello di Paolo – una marcia di verità e giustizia lungo il tragitto che separava via D’Amelio proprio da Castello Utveggio sul Monte Pellegrino.
Non era solo questo il significato e l’obiettivo di quella tre giorni di manifestazioni e dibattiti: bisognava anche tramite un presidio impedire alla politica (almeno quella su cui gravano delle ombre), fiancheggiatrice spesso di interessi mafiosi, se non addirittura coinvolta nella strage stessa, di violare per l’ennesima volta, facendo il solito scempio con passerelle ipocrite, un luogo sacro in cui, degli angeli custodi insieme a un magistrato libero e onesto come il giudice Borsellino, sono andati incontro al loro destino di eroi.
In quei giorni le alzammo di nuovo, 57 giorni esatti dopo la strage di Capaci unimmo come in un ponte ideale nuovo la ragione della morte di Falcone con la ragione della morte del giudice Paolo.
Centinaia di agende rosse, stavolta in centinaia di mani da ogni parte d’Italia, e che al loro interno raccontavano proprio le ultime settimane che separavano le due stragi, le settimane in cui venne avviata una vergognosa trattativa tra mafia e Stato, come oggi molte testimonianze confermano.
Agende rosse al cielo per ricordare e puntualizzare la misteriosa scomparsa dell’agenda rossa del giudice contenente il lavoro, gli indizi e i sospetti. La cosiddetta “scatola nera della seconda Repubblica” su cui si fondarono gli equilibri politici e i rapporti di potere in Italia.
In quei giorni bisognava infine esprimere il proprio sostegno alla magistratura libera e indipendente, ai magistrati come Ingroia, Di Matteo o il procuratore Lari a Caltanissetta che, con coraggio e con dedizione, svolgono ogni giorno il loro lavoro: magistratura preziosa che insieme al libero giornalismo rimasto costituiscono il vero baluardo di difesa della nostra democrazia.
Quella tre giorni venne quindi organizzata da un comitato spontaneo aperto ad altre associazioni, come ricordano tutti i giornali nazionali di quei giorni, nato poi semplicemente da liberi studenti e semplici cittadini che reperirono gli appelli di Salvatore Borsellino in Rete e dalle rete mossero i primi passi.
In quella tre giorni è racchiuso tutto lo spirito del vero movimento delle agende rosse, ovvero di un popolo in cammino di onesti e forse anche illusi, un cammino per la verità e la giustizia nel nostro paese per una delle Stragi di Stato che come in un filo conduttore ci racconta la vera storia del nostro paese: dalla strage di Portella della Ginestra fino ai giorni nostri.
Da questa storia l’imprescindibile conclusione che il movimento della agende rosse è apartitico e come tale deve rimanere.
Ma il suo sgretolamento è in corso fin dalla grande manifestazione del 26 settembre, a Roma. Il movimento sembra perdere sempre più in sostenitori e il tutto sembra coincidere con una precisa area politica, da cui (tra le altre cose) non ha avuto origine.
Non ha importanza quali e quanto bravi e onesti possono essere i politici “antimafia” a cui può fare riferimento un movimento eterogeneo, ampio e libero, poiché essi possono trovarsi in tutti i partiti, dalla Sel di Claudio Fava, al Pd di Rosario Crocetta passando per l’Idv di Luigi De Magistris.
Ha importanza, però, che un movimento, se veramente libero,spontaneo e cittadino, non si mescoli e si perda (appena nato e in soli tre mesi) in candidature e logiche di partito che nulla hanno a che fare con la battaglia di verità e giustizia intrapresa e prospettata appena sei mesi prima e che porterebbero quindi il movimento a ridursi a una pura e semplice demagogia di pochi gruppi di decine di persone sparse per l’Italia gelose della propria identità e dei propri rappresentanti politici storici e purtroppo incapaci di aprirsi.
Che le agende rosse siano un movimento reale di denuncia alla politica sporca. Siano scudo e scorta civile dei magistrati della Repubblica Italiana nata dalla Resistenza. Siano scudo e scorta civile dei giornalisti che ogni giorno lottano per la libertà d’informazione in Italia.
Partigiani e Partigiane, in difesa dei principi fondamentali di Libertà e Giustizia contenuti nella Costituzione Repubblicana da cui questo movimento deve ispirarsi e da cui l’intero popolo italiano può e deve finalmente riprendere la forma della propria nazione.
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